Dietro la maschera

Testimonianze di vita in un periodo difficile

Vita

Ciao amici,

come state? Qua stiamo tutti bene, io sto bene.

Ho voluto scrivere un nuovo articolo perché in questo momento di isolamento, il mondo virtuale è una delle poche valvole, insieme alla mia amata illustrazione. Esco solo per lavoro e come a tutti, manca anche a me il poter stare con i miei amici ed il mio amore, le mie sorelle ed i miei nipoti. 

In questo periodo le persone che vedo sono solo i miei genitori, i miei colleghi, gli infermieri e gli ammalati, le forze armate e qualche sprovveduto che gira per la città. Fortuna i colleghi con i quali nonostante tutto, si riesce ancora a ridere e scherzare!

Da quando abbiamo i DPI per coronavirus, abbiamo iniziato a trasportare i positivi o sospetti. La tuta può anche essere comoda, ma sono la maschera, gli occhiali e la visiera che ti uccidono.

Se la prima volta che ho indossato la tuta ci siamo fatti quattro risate, sta ormai diventando un'abitudine giornaliera e non fa più tanto ridere, la prendiamo, ci vestiamo e andiamo, come se fosse una cosa normale e forse farò anche l'abitudine al senso di soffocamento che ogni volta provo quando tiro sù il cappuccio e la mia visuale si riduce ed il respiro mi rimane nelle orecchie.

Ci vuole concentrazione e freddezza per non andare nel panico, o almeno è quello che io impongo a me stessa quando cerco di respirare profondamente e faticosamente dietro la maschera ffp3 e per l'anidride carbonica emessa sento il mio cervello leggero, con l'urgente bisogno di strapparmi tutto di dosso. Ho capito che per sopravvivere dentro quella tuta, devo fare respiri leggeri, perché i respiri profondi mi strangolano, mi tolgono ancora più aria e mi appannano ancora di più gli occhiali, la visiera poi impedisce all'aria di sfiorarmi il viso ed io boccheggio per la mancanza ossigeno. 

Bisogna disciplinare il cervello a questo tipo di sensazione e dopo i primi momenti di soffocamento ti ci abitui, ti abitui a vedere poco e speri che il paziente che andrai a prendere riesca a camminare, perché sarebbe un bel guaio dover fare grossi sforzi fisici dentro a quella tuta, nella quale già si suda stando fermi, mettiamoci pure la movimentazione con annesso incremento della respirazione, della sudorazione e rischio di svenimento per mancanza d'aria, o peggio ancora il rischio di inciampo perché non riesci più a vedere niente davanti a te!! Insomma un bel carico di responsabilità.

Questa almeno è la mia opinione, è come io sento dentro di me la responsabilità di trasportare un paziente positivo.

Com'è vedere dietro alla visiera e agli occhiali di protezione? Così:

Forse vi chiederete perché io voglia condividere tutto questo, non è semplice da capire? Perché è doloroso, perché è fisicamente e psicologicamente faticoso, perché ti senti comunque esposto; però la meravigliosa arma della condivisione aiuta a sentirsi meno soli, anche solo condividere con voi, che non so se mai leggerete queste mie parole, aiuta a sentirmi meno angosciata e anche meno arrabbiata! Perché di rabbia ne ho tanta! Lavorare nella Croce Rossa non è facile, lavoro e faccio anche volontariato, ma io penso che ci sia una grande differenza e un diverso approccio psicologico tra queste due parole. Vorrei prestare servizio come volontaria, ma il buon senso mi dice di limitarmi al solo lavoro, sì perché a casa non vivo da sola, sono con i miei genitori, non sono vecchi, ma neppure giovanissimi e la paura che si possano ammalare è sempre nei pensieri e non voglio esporli ad ulteriori rischi.

Insomma cari amici, questo è un periodo duro, durissimo, fatto di sacrifici e frustrazioni e ancora una volta, come già mi capitò in passato, vado a ripescare dalla memoria "ode alla vita" e come viene detto nei versi conclusivi "soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità". 

Io lavoro e vado avanti, ma io spero, sono sicura, che per me in serbo c'è altro, questa è una prova, è un periodo che avrà sicuramente un suo termine e che mi permetterà di apprezzare a pieno quello che a me è stato veramente riservato da tutta la vita.

Intanto ogni gesto che compio verso una persona sofferente cerco di farlo con più amore possibile, perché come disse Qualcuno: "ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me." e sapete, la Fede è una delle cose che più di ogni altra riesce a tenere alto il morale; richiede esercizio e costanza, come sempre non è facile ne immediato, tante volte ci si sente soli e abbandonati, ma se aprissimo il cuore sentiremmo un balsamo che, come su una scottatura, allevia la sofferenza ed io in questo periodo ne ho davvero tanto bisogno.

Certe volte ho una rabbia che mi spezza il cuore, tutta questa situazione attuale e certi avvenimenti del tempo passato mi fanno sentire sconfitta e rassegnata, ma come ho già detto, sono sicura che è un periodo, che avrà una sua fine. 

La mia vena artistica non l'ho persa, tranquilli! E' sempre viva e fiammante, devo solo incanalarla con i mezzi a me più consoni ed adeguati!

Domani si riprende a lavorare e mi dovrò svegliare alle cinque (non capita tutti i giorni fortunatamente), avrò da fare alcuni trasporti ormai fissi e poi vedremo... ritorneremo ad indossare la tuta da palombaro? Non lo so e non ci voglio pensare, perché adesso voglio uscire e stare nel mio giardino, tra i miei cani ed i fiori con il loro profumo intenso e delicato, vivendo il presente, un piccolo passo alla volta!

Vi mando un grande abbraccio, a presto,

Monica

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